Friday, March 30, 2012

Marcia per Trayvon Martin

Qualche scatto di oggi alla marcia per Trayvon Martin, il ragazzo ucciso un mese fa vicino Orlando.
Qualche altra foto qui (o nello slideshow a lato). E' stata una cosa davvero commovente, con ex pantere nere che intervenivano e un sacco di gente di tutte le età e di tutte le "provenienze"...

Wednesday, March 28, 2012

Non sono solo canzonette. Ovvero, risvolti costituzionalistici del pensiero di Toto Cutugno

Mentre preparo la relazione sul Presidente della Repubblica per il seminario del 26 aprile alla Sapienza sto ascoltando ossessivamente l'ultimo cd di Bruce Springsteen, Wrecking Ball. Il Boss, tra l'altro, è al centro di un mare di polemiche per aver cantato a Tampa la settimana scorsa American skin (41 shots) in chiara connessione con il caso dell'uccisione di Trayvon Martin proprio qui in Florida. La canzone - per altro spettacolare, ancora la ricordo al concerto di Milano di (cavolo!) 4 anni fa e a quello di Roma, l'anno dopo - è riferita a un caso per parecchi versi analogo e non è mai andata troppo a genio alla polizia. A parte questa vicenda, l'ultimo lavoro del Boss è spettacolare e molto "politico", tanto che è stato paragonato ad un suo Discorso sullo stato dell'Unione (sarà per questo che è parecchio intonato alla mia relazione...).

Dovendo però passare dalla relazione sul Presidente della Repubblica alla preparazione delle lezioni della settimana prossima sulla democrazia nell'UE, pensavo a un cambio di colonna sonora che fosse ugualmente in tema. Purtroppo il Boss non si è mai occupato di deficit democratico e, quindi, devo necessariamente trovare un altro "maestro" che sia ugualmente all'altezza. Pensavo perciò di affidarmi a un ulteriore esponente della migliore musica contemporanea, da sempre fonte di ispirazione per il pensiero costituzionalistico italiano e sovranazionale. E, quindi, chi mai, chi più in alto, chi meglio di Toto Cutugno?
Già, perchè è noto a tutti che, in buona parte, il trattato di Maastricht, l'idea di una cittadinanza comune, la stessa denominazione di "Unione europea" e molti dei successivi progressi dell'integrazione continentale si devono solo a lui e alla sua vittoria nell'Eurofestival del 1990 con il brano "Insieme" (Together). Un po' come il crollo del muro di Berlino, che si deve solo alla vittoria di Rocky Balboa su Ivan Drago nella notte di Natale del 1987 (come qui magistralmente chiarito dal minuto 0.30 in poi).
Non è tanto per dire: dal punto di vista della tempistica coincide tutto. L'Italia è membro degli Accordi di Schengen dal novembre 1990 ed è incontrovertibile che il punto di snodo nella trattativa per l'adesione sia stata la candidatura (e poi la vittoria) nell'Eurofestival del 5 maggio dello stesso anno da parte del Salvatore nazionale, nato a Fosdinovo il 7 luglio 1943. Chi sostiene il contrario è un mentitore, oppure è stato pagato per farlo.
Ma sono i contenuti che hanno fatto apprezzare questo sbiadito sosia di Gigi Sabani nelle platee e nelle cattedre di mezzo mondo. E anche in questo caso sono densi di significato e di conseguenze politiche e istituzionali. Dopo che Lucio Dalla gli aveva fregato l'idea di una canzone intitolata con la data di nascita e che, oggettivamente, "Fosdinovo capoccia" non si prestava, ecco che Toto ha saputo guardare al di là delle frontiere e dei limiti di un rigido dualismo giuridico per vedere un'Europa finalmente unita.
Nel testo della canzone, infatti, troviamo tutti i presupposti per quella che sarebbe stata l'Unione Europea solo alcuni anni dopo: c'è innanzitutto l'idea di una Europa "unita", anzi, "da unire" ("unite!"), come esordisce il pezzo con un urlo che sa di liberazione (per altro, in inglese, così da dare un respiro plurilingue); c'è l'anteprima del motto "Unita nella diversità" (che nel testo diventa, per mere esigenze di metrica, "con te, così lontano e diverso"); c'è il riferimento alle radici culturali e antropologiche comuni, pur nel fondamento bellico, in perfetta continuità con la dichiarazione Schuman ("amico che credevo perso"); c'è tutta la consapevolezza di un obiettivo difficile da raggiungere, come era già chiaro ai redattori del Manifesto di Ventotene, eppure la ferma convinzione che si tratti di uno "stesso sogno", degli "stessi ideali", ormai condivisi ("non sei più da solo"). Addirittura, una proiezione simbolica al di là di quelli che saranno i referendum francese e olandese oltre 15 anni dopo ("le stesse bandiere").
Certo, è possibile rinvenire un qualche residuo di orgoglio nazionale nell'anelare l'obiettivo comune ("l'Europa non è lontana/c'è una canzone italiana"), quasi a rivendicare il ruolo di un Paese che rimane comunque tra i membri fondatori delle Comunità, ma questo mi sembra del tutto compatibile con la idea di una progressiva integrazione e interdipendenza tra gli ordinamenti. Infine, una concessione all'animo inguaribilmente romantico del messaggero, in questo caso rappresentativo del topos nazionale del conquistatore, che vede nelle enormi potenzialità della libera circolazione di persone, capitali, merci e servizi, la possibilità che si schiudano orizzonti verso "[donne] senza frontiere", creando così i presupposti per "amori senza confini".

E' notizia di oggi che le istituzioni dell'Unione hanno deciso una progressiva riduzione dei costi del roaming tra Paesi membri, abbattendo la spesa per telefonate, messaggi e traffico dati per chi si sposta nel territorio dell'Unione. Non mi sorprenderei se nella motivazione dell'atto finale si trovasse qualcosa del tipo:
xx. considerata la necessità di favorire la creazione di amori transfrontalieri, già elemento fondate dell'Unione sin dal suo momento prodromico dell'Eurofestival 1990...


th'USpaghi


Legenda

  1. improbabili ingredienti made in Walmart (Artisan Parmesan dev'essere il preferito di Oriella Dorella e di Napo Orso Capo)
  2. bustine di sale sottratte con destrezza da Starbucks dopo aver dimenticato di comprarlo
  3. Academy Awards 2012 Best Leading Actor nominee. sfiducia verso il tempo di cottura segnalato con la locuzione "al dente perfection"
  4. evidenze della indipendenza energetica da Russia e nord Africa
  5. il dramma di un Paese che non conosce il piatto fondo
  6. esso. il piatto (cit.)
  7. non pensavo mi sarebbe mancato mio fratello negli USA


Sunday, March 25, 2012

Sostanzialmente, il Molise degli Stati Uniti

In attesa del 1.000simo contatto del blog (dai, manco male), e dopo aver annusato l'aria che tira a Harvard, aggiorno velocemente il blog da Providence dopo una cena piena di chiacchiere con Eugene e la sua famiglia (parenti di amici dei miei, nonché - segnalo al fratello - "sponsor" del mitico Jacobo, che avevano ospitato anche loro, prima che venisse a dormire anche lui sull'amico divanoblù, che saluto).
Ho sempre adorato le mete "di nicchia", ma certo, venire negli USA e finire in Rhode Island ha un che di eccessivo (precisazione per Giuseppe: non Stone Island, quelli sono i pantaloni; e non Long Island, è un cocktail). Noto ai più soltanto perchè ci hanno ambientato i Griffin, e perchè viene usato insieme alla California come termine di paragone per capire la composizione del Senato federale (2 seggi a testa, non importa se condizioni l'evoluzione del mondo o se quasi non esisti sulla carta geografica), questo staterello deve esser infatti meta di un turismo di elite. Un po' come il Molise che tutti apprezziamo. Tuttavia, per non farsi mancare nulla e rimanere in linea con la psicologia un po' megalomane made in USA, non stentano a chiamarsi "The Ocean State": come si usa dire di alcune ragazze, parechecel'hannosololoro.

Anche alla luce della chiacchierata a cena, del Rhode Island ricordiamo che:
  • ci sono le vongole più grandi del mondo, le Quahog (come la città dei Griffin, appunto) e le cucinano nelle maniere più svariate, da far impallidire la madre di Bubba di Forrest Gump
  • ha proclamato la propria indipendenza un paio di mesi prima della Convenzione di Philadelphia
  • è uno dei pezzi di America con più persone di origine italiana
  • ciononostante, il sito dell'ente del turismo offre pagine in portoghese e cinese, ma non in italiano 
  • se uno prova a cercarlo su Google viene fuori dopo la Rhodesia
  • si vantano di essere stati gli unici contro il proibizionismo (non male)
  • c'è la Brown University
  • Scemo e più scemo è girato a Providence

Harvard

potrei definirla una visita a dei parenti americani?

Seminario a Boston. Level complete!

Boston. Gran posto. Certo, è l'impressione di un paio di giorni scarsi, per lo più spesi in un centro congressi. Però diciamo che passarci un periodo non sarebbe proprio una disgrazia.
Invece, massimamente disappointing è stato il megaseminario del Council for European Studies, che si conferma un discreto latrocinio: oltre 200$ di fee perfino per chi presenta un paper, in cambio di una lista infinita di panel di dubbio interesse (vedi il confronto tra hip hop europeo e americano) e senza neanche internet wireless a disposizione (il roaming dati della Vodafone ringrazierà). La convinzione che fosse un contesto abbastanza discutibile era già arrivata a Barcellona a giugno scorso, e - cornice a parte - anche questo mi è parso dimenticabilissimo. Insomma, la cronaca di una ciofeca annunciata. Cmq, la mia presentazione è andata bene, il discussant era contento e ci sono state varie domande dai partecipanti. Se tutto va bene ci scappa anche la pubblicazione del paper sull'OPAL. La cosa un po' triste è che, in un seminario di gente straniera che studia l'UE, si capisce che ci vuole ben altro che cinque mesi di Monti, di loden e di spread sotto i 350 punti per eliminare il sorrisetto di chi parla dell'Italia come del Berluskonistan. I più posati chiedono "come è stato possibile"; per il resto è uno stillicidio di notizie di gossip magari mal tradotte e che comunque avevi cercato di rimuovere insieme alle presenze di Gasparri a Porta a Porta.
A parte questo, un accorato appello ai colleghi in ascolto (Elena e Cristina in primis): facciamolo per noi stessi, MAI più convegni di politologi. Parlano anche elegantemente, ma di cose che in fondo sono chiacchiere da bar; si vestono davvero male (e non solo perchè sono americani); e poi, quando sei convinto di star dietro alla loro presentazione, cacciano fuori una slide di numeri o di rette di regressione sul comportamento dei parlamentari in commissione, che sarebbe solo da mandarli a cagare.
Tornando sulle coincidenze e gli incontri casuali, tramite il buon Davor ho conosciuto Karolina, polacca, moglie di un funzionario di ambasciata in Italia, che conosce Cristina e Nicola. Dopo il seminario siamo anche andati a mangiare una sontuosa aragosta (che qui va via più o meno come il pane), chiacchierando amabilmente di Roma e del fatto che il polacco medio preferisce la pizza bassa romana a quella alta napoletana. Bah... Mi ha anche detto che l'Università di Wroclav (che per noi credo sia Breslavia) paga i viaggi transatlantici in business class. La prossima volta lo propongo anch'io alla SoG, vediamo che mi rispondono...

Detto questo, domani mi godo Boston e faccio anche un salto a Providence a conoscere parentidiamicideimiei. Se riesco, mi prendo anche una cosa con il Malara jr., del quale tuttavia conosco pochi elementi sparsi: 1. è il fratello minore di Demetrio; 2. andava a scuola con Marco e Lucio; 3. vive e lavora a Harvard; 4. non ha l'hobby di rispondere al cellulare.

Per chi volesse intanto sapere qualche informazione fondamentale su Boston:
  • la temperatura è sicuramente più intonata al mese di marzo che in Florida
  • ciononostante, vanno da morire le zeppe di paglia
  • i camerieri sono zelanti, quasi all'accesso
  • chi ha pensato la sincronizzazione dei semafori è un idiota (il tasto per l'attraversamento pedonale ferma tutte e due le strade dell'incrocio)
  • se nel parco non hai un frisbee sei uno stronzo
  • anche qui se compri il biglietto sull'autobus non hai diritto al resto. male male



















Thursday, March 22, 2012

Chiacchiere da Starbucks

Alle volte nello Stivale ci si lamenta di un dibattito pubblico insoddisfacente sui temi fondamentali, mentre calciomercato, fenomeni da reality show e tormentoni velina/calciatore riempiono copertine e fanno da sottofondo al caffè al bar.
Qui, non mi pare che le cose siano così diverse. La Corte suprema sta iniziando a discutere argomenti fondamentali, come la riforma sanitaria di Obama o la legittimità costituzionale dell'ergastolo per i minorenni. Ci sono le primarie repubblicane, nelle quali un mezzo pazzo di origine italiana (tuttora in corsa) sostiene pubblicamente che il "disegno intelligente" dovrebbe rientrare nei programmi scolastici.
Eppure l'intera nazione (o almeno, quanto si vede in giro, sui giornali e in tv) è bloccata su un'unica notizia: il destino sportivo di Tim Tebow, ragazzetto del nord della Florida sconosciuto dalle nostre parti, ma che qui negli USA (e a Gainesville in particolare) è una specie di mito.
Uno da un milione e mezzo di followers su twitter, per capirci, dove però posta non tanto le frasi da intervista del dopopartita (che magari vinci 50 a 0 e però "loro sono una buona squadra"), quanto inviti alla preghiera o estremi di versetti della Bibbia (cosa che dopo "Uomini che odiano le donne" mi dà un certo gusto lugubre. e cmq che non si consideri normale tutto ciò!!). Uno che si inginocchia e prega prima di entrare in campo o dopo ogni touchdown (tra l'altro, nel calcio potrebbero ammonirti per perdita di tempo). La cosa è talmente famosa che il gesto stesso è un neologismo eponimo e ormai si usa comunemente il termine "tebowing"!
Parlare di Tebow a Gainseville è un po' come di Totti a Roma. In una città che non altra ragione di esistere se non l'Università (su 110.000 abitanti ci sono oltre 50.000 studenti), uno che ha fatto vincere 2 campionati nazionali di Football ha già l'attestato di virtù eroiche e aspetta solo la canonizzazione e l'impagliamento. Per dire, dopo che si è laureato il suo posto nel parcheggio dello stadio del campus non è stato riassegnato.
Tornando alla notizia del giorno, il nostro era stato osannato per la vittoria con i Florida Gators nel 2008 e considerato tra i migliori giocatori di sempre a livello di college (tra l'altro, il Gatorade si chiama così perchè inventato a "supporto" dei Gators per il caldo che fa da queste parti. cmq, non si lamentassero, visto che hanno chiamato lo stadio "the swamp", la palude!). Dopodichè se n'è andato a giocare a Denver con i Broncos, che però hanno appena acquistato Peyton Manning (una leggenda vivente dell'NFL, come se la Fiorentina di Baggio avesse comprato Maradona). Lui, di tutta risposta, ha firmato con i New York Jets, a quanto pare, soprattutto per poter testimoniare la sua fede evangelica sul più grande palcoscenico del mondo. Un folle insomma.
Tra l'altro, interessantissimo come funziona il football-mercato. Oltre a conguagli in denaro, la partita grossa per la compravendita di giocatori sono i turni nelle scelte dei giocatori provenienti dai college l'anno succesivo. [Ti vendo tizio in cambio di xxx milioni e dei tuoi diritti di scelta nel primo e nel secondo turno nel prossimo mercato estivo...]. Lo propongo ai componenti della lega di Fantacalcio come idea per la lega dell'anno prossimo.

A proposito di "santi" e di football, è notizia di questi giorni che la federazione ha punito severamente il coach dei New Orleans Saints e il suo preparatore perché pare che ricompensassero i propri giocatori per "rompere" gli avversari (meravigliosa l'espressione in inglese: l'intera faccenda passa sotto il nome di "bounty matter", che sa di cacciatori di taglie del vecchio west). Nulla di diverso dal sergente Kempfer chiedeva a uno dei suoi di rompergli quel 61 nella partita finale di Lo chiamavano Buldozer.
Insomma anche qui same old, same old (cit.). Altrimenti detto, "tutto già visto, tutto già fatto". Aridateme Di Marzio e Bonan.

Ps. per capire il livello di follia che si respira da queste parti per il football, pare che il sabato prima di Pasqua ci sia una specie di mercatino con prodotti da tutto il mondo e mostre fotografiche sull'Europa, per far conoscere allo studente medio della Florida del nord cosa c'è oltre la fine del (pur sterminato) campus. C'è anche una mini introduzione alle lingue europee e, come esempi, useranno frasi di linguaggio comune. A me è stato espressamente richiesto di indicare la miglior traduzione possibile in italiano di "GO GATORS". Sono tentato di rispondere con un "DAJE GATORS DAJE".

Tuesday, March 20, 2012

Di coincidenze, incontri casuali e tentativi di sistematizzazioni forzati (e falliti)

Una delle cose che mi ha sempre affascinato sono le coincidenze che avvengono davvero. Non quando vengono richiamate come scuse dell'ultimo momento da un marito fedifrago ("cara, non è come pensi") o da un poliziotto in difficoltà rispetto all'incalzare di Jessica Fletcher, ma quando realmente si vengono a incrociare due accidenti che sì hanno qualcosa in comune tra loro, ma che - statisticamente o per una percezione distorta - era parso assurdo che venissero a combinarsi. Come quando un romanista cresciuto con Topolino se ne va in Florida e, proprio mentre è lì, l'ASR fa accordi con la Disney, promettendo di portare Totti & co. a Orlando. Oppure quando uno mette su un blog di cazzeggio durante un periodo di ricerca all'estero e pensa che lo possano leggere tutti a questo mondo, ma non il suo "capo" (a proposito, ciao Nicola!).

Cmq, la giornata si era aperta con la mail qui di fianco, nella quale lo staff di Google ricordava a me e agli altri ventiquattro o poco più iscritti a GoogleWave che l'esperimento era totalmente fallito e che, nella (invero improbabile) ipotesi si avesse qlcsa di importante da salvare, questo andava fatto prima della rimozione totale del servizio. A questo punto, ne aspetterei un altro paio, uguali e dallo stesso mittente, su Buzz e Google+. E magari una dalla Apple per Ping.
Così, mi ero messo a pensare a un post che raccogliesse i grandi fallimenti della storia della tecnologia (e dell'umanità), tipo l'HD-DVD, il Titanic, lo Shuttle Challenger, la fiat Duna (cit.), la Juve di Maifredi... Però tra le slides per Boston e altre cose, non mi veniva granché in mente.

L'auto di Gasperini
E poi, verso fine giornata, quando l'idea di scrivere un post sui fallimenti era diventata un fallimento essa stessa, ecco che - coincidenza - l'ottimo cugino neoblogger posta con la sua solita verve un ricordo della misera avventura interista di Gasperini, "luminare della sacchetta". Uno che nella storia è entrato dallo sciacquone di casa Moratti. 
Insomma, per mera casualità, Santachiara mi frega il post sui fallimenti, ma alimenta la soddisfazione per aver assistito a una coincidenza vera.


E ragionando di coincidenze, l'altro giorno vedo che Facebook mi segnala un aggiornamento di un "amico" intorno a Gainesville. Strano, non ho aggiunto nessuno di qui... Clicco, e mi viene fuori che il buon Roberto Virzo (all'epoca del mio corso universitario temutissimo assistente della cattedra di Diritto internazionale) aveva messo come propria "current city" proprio Gainesville, FL. Insomma, a farla breve - coincidenza - anche lui è qui per un periodo da visiting, presso la Law School. Oggi c'è scappato anche un caffè insieme. Ora, voglio dire, quante possibilità c'erano che si venisse a trovare una persona che conoscevo in questo posto, che non è proprio "la piazza principale"del mondo rotondo?

Monday, March 19, 2012

Quanto mi manca la politica di un tempo

Seguendo le notizie della giornata di campionato mi sono messo a guardare le foto di Berlusconi in tribuna a Parma. Tra l'altro, il nostro giovane ex premier, con la solita moderazione e sobrietà, ha detto di essere tornato "dopo vent'anni" a vedere il Milan in trasferta (e mi è parso quasi un eccesso di zelo da parte di Repubblica.it l'andare a ripescare foto di trasferte più recenti per smentire subito il compianto Banana).
Cmq, la cosa che mi ha un po' colpito è stato il giaccone dell'ex PresdelCons: un Belstaff marchiato con lo stemma dei 150 anni dell'unità d'Italia. Mi sono chiesto: se lo sarò fatto fare apposta per lui? Il buon Menichetti direbbe: "il mio istinto di ragno mi dice che qlcsa non va". E infatti, mi pareva qlcsa di troppo alla moda per  uno che normalmente andava in giro con il pellicciotto di Putin o con la mantella da cavaliere mascarato...
Così, gironzolando per la rete, ho scoperto che invece è stata proprio una commessa della Presidenza del Consiglio dei Ministri all'azienda, di cui hanno parlato un'annetto e più fa (in toni entusiastici... altri tempi!) sia l'Ansa che AdnKronos. A me era completamente sfuggita, ma forse vale la pena approfondire un po'.
E controllando sul sito della Belstaff, effettivamente c'è un capo dal nome un sospetto, "President parka", ma non è marchiato... 
Alla fine, tra un link e l'altro, ho anche trovato il riassunto delle concessioni commerciali del logo Italia 150, tra le quali svetta una alla Clothing company s.p.a. di Mogliano Veneto per la "realizzazione della giacca Italia Parka 150, porta iPod e borsa da proporre presso i punti vendita monomarca Belstaff". Indubbiamente una spesa utilissima e che certamente ha dato lustro alle celebrazioni appena concluse. Tuttavia, mai quanto quella della riga immediatamente successiva, relativa alla Biscotti P. Gentilini s.r.l. di via Tiburtina Valeria 1302, Roma:
"Biscottiera Tricolore 500gr contenente 2 confezioni separate da 250gr ciascuna di Brasil al cacao e Margherite al profumo di agrumi"
Il buon Mozza converrà con me che valeva la pena fare l'Italia 150 or sono per una serie speciale dei mitici Brasil...
Tornando al pastrano, se guardate su google - o magari Gogol, come diceva il liftato indossatore - ci sono tantissime notizie su forum e siti di giornali di moda che insistono sulla bontà e bellezza dell'iniziativa a favore del made in Italy e sulla storia che "una  parte del  ricavato delle vendite dell’Italia Parka 150 sarà destinato alla  realizzazione delle iniziative che la presidenza del Consiglio organizzerà per l’anniversario dell’Italia unita". Sarà... anche se un po' mi puzza di cazzata... E cmq, non si capisce poi perchè ci sia stata tanta esaltazione per la cosa, specie se poi la Belstaff, come si sa, è un'azienda inglese...
E però intanto, montava la nostalgia di quella bella politica "del fare". E continuavano così a venirmi in mente altre perle degli anni del centro destra in ascesa, quando si inaugurava un passante di Mestre alla settimana e si sfornavano riforme (in ddl delega) come pagnotte. Non ci si diverte più senza le riunioni di condominio di Scajola o l'amabilità di quel simpatico mattacchione di Brunetta (a proposito, meravigliosa quella di uno degli ultimi Spinoza: "Teppista si avvicina a Brunetta armato di pistola scacciacani. Ma poi quando ti guardano con quegli occhioni...").

Ps. per non farsi mancare nulla (e per farci rimpiangere i tempi dei festini che furono), il nostro vigoroso ex premier si è portato allo stadio non solo la giacca di cui sopra, ma anche la avvenente deputata Mariarosaria Rossi, presunta paroliera del nuovo inno del PdL.


Sunday, March 18, 2012

"Iole a otto rematori... Dicesi, iole a otto rematori..."


Primo sabato a Gainesville, passato con Zach, il marito della prof. che mi ha invitato in Florida (che nel frattempo è in Germania). Dopo il passaggio al mall degli spaghetti rigati, ha proposto una gita a Cedar Key, sulla costa del golfo del Messico.
Un'oretta di macchina da Gainesville basta per arrivare sul mare, anzi sul Golfo del Messico. Nel tragitto, riscoperta della discografia dei primi anni dei R.E.M. (manco male, diremo), visto che lui suona in una cover band. Tra l'altro, ho riscoperto alcuni pezzi di Document no. 5 che immotivatamente non sentivo dai primi anni di università...
Effettivamente, il posto era carino assai, gente in ciabatte (oddio... anche all'università questi girano in ciabatte), pellicani e aironi un po' dovunque, altre bestie immonde (tartarughe di mare, granchi "lottatori") che si aggiravano per l'acqua e la terra. In un'altra stagione pare avrei trovato anche il lamantino (una specie di tricheco senza zanne e senza esperienza nella conduzione di talkshow, grande più o meno come una mucca e, all'apparenza, parecchio pacioso) del quale ignoravo l'esistenza. 
Mi ero portato la macchina fotografica analogica e mi sono divertito parecchio perchè non mancavano scorci interessanti. Per altro, il posto è stato raso al suolo da vari uragani e qui e lì ci sono ruderi un sacco pittoreschi, sempre pieni delle bestie immonde di cui sopra. C'è anche un'isola  proprio di fronte al porto dove nidificano le tartarughe, prima abitata e poi abbandonata dopo una tempesta.
Sembrava filare tutto liscio. Speravo che Zach mi proponesse da un momento all'altro di andare a riempire uno dei milioni di tavolini disponibili e sfondarci di gamberi e di birra. E invece, questo timido californiano che studia la politica estera e di difesa europea, che vive con 5 (cinque) gatti trovatelli, ha una moglie vegetariana e suona in una cover band dei R.E.M., tira fuori qlcsa che non mi sarei mai aspettato. "the weather is wonderful. we should rent two kayaks and go to take pictures on the island".Sconcerto. Panico tra gli astanti (cioè io). Tentativi di dissimulare che avessi capito, accusando la lingua (e il suo accento). Salivazione azzerata. Passaggio ad una fase di acceso quanto finto entusiasmo, sperando che fosse solo una puttanata tirata così per dire. Rapido monitoraggio del braccio di mare antistante per capire se ci fosse altra gente con questa idea geniale.
E mentre ero lì che ancora non sapevo come reagire, lui già prendeva accordi con un panciuto col barbone che, per 25 boxes, mi consegnava qualcosa chiaramente al di sopra delle mie possibilità e delle mie fobie. E le fobie c'erano tutte o quasi. Prima: l'acqua (ho imparato a nuotare a 25 anni). Seconda: l'acqua torbida e un po' melmosa di quel posto: se proprio devo entrare in qualsiasi specchio d'acqua, il fondo deve vedersi perfettamente, deve essere acqua "da bere" (cit.). Terza: animali strani, potenzialmente pericolosi e comunque fuori dal mio controllo che potevano appalesarsi in qualsiasi momento. Quarta: la fatica fisica. Sono nato per fare lavori di concetto. Mi posso anche improvvisare "stuccatore di pareti" o "montatore di mobili IKEA", ma il mio posto nel mondo è con un mouse in mano. Quinta: la Leica che cade in quell'acqua melmosa, piena di animali strani, potenzialmente pericolosi, fuori dal mio controllo e che con ogni probabilità non saprebbero che farsene del mio meraviglioso 35mm. Non ultima: io il kayak non lo so portare. Non l'ho mai fatto. Non vedo perchè dovrei. Cazzo, abito a Roma; faccio un lavoro di scartoffie; ho una Vespa e la tessera del CarSharing: perchè mai dovrei trovarmi a aver bisogno di portare un kayak?!? (citazione necessaria)

Parafrasando il Mozzarellista, ho anche confessato la mia scarsa confidenza con il mezzo, accennando un improbabile "i'm not exactly a paddle guy" (che suona più o meno "non sono proprio un ragazzo di pagaia") o un più concreto "i'm a complete beginner" (traduzione letterale del fantozziano "io sono un esordiente totale"). Ciononostante, il panciuto col barbone non solo non mi spiegava cosa dovessi fare, ma mi interrogava, chiedendo che mostrassi (IO?!?!?) come fare per girare, per andare avanti e indietro, per rallentare etc etc. A quel punto, tra un tentativo e l'altro, non potevo non pensare alla mitica scena di cui il video qui accanto, nella quale chiunque sia stato tirato in ballo in un affare che superava le proprie capacità o conoscenze si sarà prima o poi identificato.

Per la cronaca, dopo svariati tentativi falliti e un buon numero di imprecazioni si giunse all'isola. E si riuscì perfino a tornare, con la maggiore difficoltà data da incoscienti delfini che rompevano il cazzo affiancandosi a un natante già di per sé instabile e, per di più, in mani di chi non voleva e non sapeva condurlo (si, bello... bello un cazzo). Per fortuna poi arrivarono le birre e le due libbre di gamberi, uno spettacolare temporale improvviso, l'ora di macchina e il ritorno a casa.

Friday, March 16, 2012

So tutti bboni a méttece un tweet...

non so cosa sia successo ultimamente, ma all'improvviso buona parte dei miei riferimenti cultural/letterari si sono messi a sparare a zero sui social network.
passi Gramellini, che se non altro per una questione generazionale, si lamenta di twitter e della "Invasione degli usignoli";
mi preoccupo di più quando Franzen, pur confessando di non esserne granché esperto, vomita invettive abbastanza incomprensibili su Facebook (che, per carità, i suoi limiti li ha tutti...).

oggi arriva addirittura Michele Serra a dire che "Twitter gli fa schifo", per altro, forse ignorando quanta parte della fortuna della sua stessa Amaca deve alla circolazione delle foto prese da cellulare e smistate proprio via twitter e facebook (che anzi sembra proprio costruita a misura di screenshot per essere fatta circolare anche tra chi non compra il cartaceo).


Thursday, March 15, 2012

Classificando... ranking universitari e

secondo le classifiche sulla "University reputation" presenti oggi anche sui giornali italiani, la University of Florida è nel gruppo di quelle comprese tra l'80° e il 90° posto: http://www.timeshighereducation.co.uk/world-university-rankings/2011-2012/reputation-rankings.html
alla fine manco male: appena sotto la Sorbonne, insieme alla Brown e addirittura sopra la Boston University...
inutile dire che delle italiane non vi è traccia, anche se poi va dato un occhio al metodo attraverso cui la classifica è stata fatta.
e qui, se possibile, le cose peggiorano. infatti non è tanto un indice di qualità delle strutture, o un ranking dei risultati conseguiti dai laureati, quanto praticamente una valutazione interna al corpo docente rispetto alla opinione degli stessi professori sugli altri atenei.
in pratica, la domanda posta era "Which university would you send your most talented graduates to for the best postgraduate supervision?"
quindi è proprio un giudizio sulla reputazione sull'altrui corpo docente e sulla qualità della ricerca svolta altrove. "che è peggio", considerando i risultati per le università italiane...

ps taglio di capelli da un tizio meraviglioso (che fotograferò alla prossima rasata), anni 70, ex biker, ora maniaco della raccolta di ritagli di giornale dei successi sportivi dei Gators. appena saputo che ero italiano mi ha fatto una sola domanda: "ma com'è questa storia che ho sentito in TV che i ragazzi italiani non vogliono andare via di casa? gli piace la cucina della mamma?" #pessimismoefastidio #bamboccioni

Wednesday, March 14, 2012

Consigli su come omologarsi agli standard del campus



Oggetti/comportamenti/atteggiamenti necessari per non sentirsi uno stronzo:

  • avere un Mac Book Pro (meglio ancora se col guscio semirigido);
  • bere energy drinks mentre studi in biblioteca (alle ragazze è consentito anche un frappuccino Starbucks, ma solo se con latte di soya);
  • avere delle cuffie più grandi dei paraorecchi delle bambine che pattinano sul ghiaccio;
  • usare “terrific” come se piovesse;
  • indossare maglietta blu elettrico con scritta in arancio a caratteri cubitali “GO GATORS”;
  • per le ragazze, indossare hot pants che neanche in un film porno (si, è una vita dura…).    



mancava solo lei...

mobilità in Florida (presa in un fricchettonissimo buy/back shop dal nome Chain reaction!)

Tuesday, March 13, 2012

Avvaligiato, orientato, un po' sconcertato, verso l'americanizzazione temporanea


Inizio di vita più ordinaria da queste parti. E alcune cose dell’american way of life colpiscono necessariamente.
Per esempio, il modo iper razionale di organizzazione della città: un asse verticale (Main Street), uno orizzontale (University Avenue) e tutte le altre strade numerate a partire da queste, con in più la marcatura nord/sud e est/ovest per definire il quadrante di appartenenza rispetto all’incrocio tra le due vie principali (NW/SW 1st St. per la prima strada verticale a sinistra di Main e così via; al contrario SE 8th Ave per la ottava parallela di University Ave verso il basso, nel quadrante di destra…). Ok, funziona così in tutte le città del nord America (e per la stessa Manhattan), ma trovandosi a viverci dentro ti semplifica la vita in maniera imbarazzante (magari togliendo un po’ di fascino). Sai che il posto dove devi andare è magari tra SW 2nd Ave e SW 13 St, allora sarà il “quadrante” in basso a sinistra, due blocks verso il basso e tredici verso sinistra. Punto. A metà tra le lezioni sullo spazio cartesiano e la battaglia navale che si faceva nel frattempo.
Le cose si sono complicate quando mi sono lasciato alle spalle questo razionalismo applicato all’urbanistica e alla toponomastica (e, magari alla Paragnostica dell’Università di Ustica, direbbe il mago di Segrate) e mi sono trovato i cartelloni anti-abortisti di alcuni studenti nella Plaza of the Americas (il pratone che attraverso entrando nel campus). Immagini abbastanza raccapriccianti (parti semimutilate di feti abortiti, macchie di sangue a forma di manine su banconote da 100$, un medico con addosso il camice e le braccia incrociate da cui gocciolava sangue etc etc.), che occupavano gli stessi posti degli studenti sbracati al sole incontrati il giorno prima o del corteo hare krishna che è seguito un paio d’ore dopo.
Boh! Non sono (ancora?) in grado di mettere a fuoco se tra le due cose ci siano elementi di continuità, oppure se sia poi la “somma che fa il totale”.

A spezzare le riflessioni pseudoantropologiche sugli abitanti di queste lande sono arrivate un paio di notizie più “leggere”:
  • è arrivata la valigia, posso finalmente sentirmi un cretino per non aver portato solo magliette e shorts;
  • ho finalmente un posto “mio” (anche se provvisorio, poi mi sposterò nell’appartamento vicino al campus venerdì);
  • il cugino Santachiara, che ha messo finalmente in piedi il suo blog sui disastri della storia del calcio, esperimento che segnalo a tutti: http://calcioinculo.blogspot.com/


Monday, March 12, 2012

Primi scatti (col cellulare) da campus

... la vita dura all'UF!

Primo giorno di scuola

Cominceremo col dire che la University of Florida è immensa. "Ha un campus di oltre 4 miglia quadrate" (non che questo mi aiuti a capire l'estensione, ma lo dicono tutti appena iniziano a parlare). Ci sono migliaia di studentelli in pantaloncini e infradito (sì, caldo è caldo); nel mezzo del campus c'è un lago con gli alligatori (...), uno stadio per il football da 88.000 posti (!!!); per andare da un departimento all'altro, volendo si può prendere l'autobus; il secondo piano del Bookstore è solo di cimeli sportivi e di magliette con il brand UF per tutti gli sport che si riescono a praticare. Sembra di stare in un telefilm...
Ci sono però dei dettagli di quanto mi hanno detto che o sono cazzate, o danno un po' il senso della distanza siderale rispetto agli atenei nostrani (in bene e in male, per carità).
I vialetti che tagliano i prati, ovviamente infestati da scoiattoli e simili bestie immonde, pare siano stati lastricati solo in un secondo momento, seguendo i percorsi che le persone avevano scelto spontaneamente sull'erba...
Il palazzo nel quale ho la stanza (Turlington Hall, http://virtualtour.ufl.edu/campus_sites/turlington.htm) è stranissimo. Pare che, essendo stato costruito negli anni '70 e destinato buona parte degli uffici amministrativi, sia stato progettato appositamente asimmetrico per rendere difficile agli studenti la sua occupazione (!). Non so se è vero ma, cmq, la storia dà un certo fascino reazionario al posto che bazzico. E poi devo riconoscere che per andare al bagno mi sono perso più volte (le scale salgono o scendono solo un piano, gli ascensori non permettono di fermarsi ovunque, il terzo piano di un'ala non coincide con quello dell'altra). Il consiglio che mi è stato dato è "impara questo ascensore, usa solo questo, se devi andare nell'altra ala esci e rientra per l'altra porta". Bah...

Sunday, March 11, 2012

The missing post. [Titolo originale: “Come si conviene: una premessa di metodo"]


[segue il post in larga parte scritto durante il volo Londra-New York e poi aggiornato durante i giri per New Orleans, che voleva dare una introduzione al blog]
  • Oooops I did it again
  • Aridanghete
  • Provaci ancora Sam
  • Dall’autore di “Foglie d’acero” (ma senza la grazia di Anna Pannocchia)
… questi erano i titoli candidati a dare un nome al blog, richiamando così il diario del periodo canadese (http://amerigoduepuntozero.blogspot.com/). Poi però mi sono detto che, tolto il fatto che uno attraversa mezzo mondo per finire in un posto largamente sfigato, le due cose non avevano granché in comune (tanto per capirci, tra Ottawa e Gainesville c’è la stessa distanza che tra Roma e Kaliningrad).
Scartati i nomi che sapessero di reprise, ho però pescato ancora una volta nel repertorio del buon Guccini e dopo Amerigo sono passato alla sua Canzone per Silvia, sperando però che il Department of Political Science che mi ospiterà sia un po’ più accogliente della prigione della Baraldini (anche se, visto lo smarrimento della valigia, non ho neanche "la sua maglietta addosso con su scritte le parole..."). Nell’url, infine, un riferimento a Calvino e a quello che poi è il vero scopo della trasferta USA, ma con la ferma speranza che quell’idiota di Marcovaldo non si presenti anche in Florida a spalare la neve.

E cmq sì, il diario in soggettiva andava fatto. Perché ci sarà pure stata l’esplosione dei social network negli ultimi 4 anni, ma andarsi a rileggere ogni tanto le cose scritte in Canada (e trovarle tutte insieme in un posto “dedicato”) è stato carino. Oltretutto, quel finire dell’inverno 2008 era un momento “chiave” per me e per l’universo mondo: tesi di dottorato chiusa ma ancora da discutere, entrate mensili fisse inesistenti, eravamo cmq campioni del mondo in carica, Mastella era Ministro della giustizia, Obama lottava con la Clinton alle primarie ed erano vivi Michael Jackson, Franco Sensi e Mike Bongiorno.


update post caricato sul volo Delta da New Orleans a Atlanta (c'è il wifi a bordo!). poi si prosegue per la meta finale e domani si inizia a far qualcosa in università.
PS il fratello sostiene che Atlanta sia l'aeroporto al mondo con maggiore transito di passeggeri per anno. adoro entrare nelle statistiche...
PPS il tizio accanto a me in meno in mezz'ora s'è fatto fare tre bloody Mary

Saturday, March 10, 2012

in giro per New Orleans #occupyyamamay

nell'immediato la cosa peggiore di 4 giorni senza bagaglio sono le minchiate: oltre alla biancheria pulita, spazzolino, dentifricio, rasoio, etc etc
ora, quasi tutto si trova facilmente in aeroporto o per strada, ma le MUTANDE sembrano un articolo di assai difficile reperimento da queste parti. non è dato sapere se perché i costumi sono particolarmente liberi o perché se le autoproducono gelosamente in proprio, ma dopo un'intera mattinata a piedi per la città, non sono stato capace di trovare dei boxer che non fossero quelli di lattice/pelle e filo spinato in vendita nei numerosissimi sexy shop.

detto questo, gran città, piena di gente, tutti inspiegabilmente tifosi (con tanto di magliette azzurre) dei Kentucky Wildcats che oggi giocano contro la Florida State (che poi è l'università che mi ospita). negroni obesi con la tromba a ogni angolo di strada; le case del quartiere francese sono spettacolari (e evidentemente rimesse a posto nel dopo Katrina), ma i negozi del centro sono una inutile parata di souvenir improbabili di jazz e vodoo

ps con questo post provo l'app per iPhone di Blogger. pare ben fatta

Friday, March 9, 2012

Welcome to America!

insomma, tanto entusiasmo per la partenza, litri di lacrime e Martini versati e arriva subito la nuvola di Fantozzi a farmi compagnia: non faccio in tempo a mettere piede in territorio astelleestrisce che la British Airways decide di lasciare a Londra il mio bagaglio. pare si sia rotto un nastro trasportatore e delle valigie di un intero Boeing 747 SOLO LA MIA è rimasta a terra. chess' so ffurtun', si direbbe...

per completare l'opera:
- sono stato omaggiato di una card della compagnia aerea con 50€ per gli acquisti di prima necessità (a metà tra una social card e una tessera annonaria). utilisssssssima nel termina 7 di JFK dove c'è uno Starbucks e un paio di fast food;
- il volo per New Orleans è stato gentilmente ritardato di 1h e spezzato con scalo a Charlotte (segnalo al Mazzocco, a Lucio e al buon Menichetti, che quindi farò scalo nell'accogliente North Carolina);

Ps. in volo avevo scritto un lungo e commovente post iniziale, ma lasciam ben perdere...